AndyWarhol - Universo Warhol
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Una full immersion nella rutilante ed eclettica attività del re della Pop Art è l’esperienza riservata al visitatore della mostra Andy Warhol - Universo Warhol, a Roma dal 21 ottobre al 17 marzo 2024. L’esposizione, con oltre 250 opere provenienti da collezioni private e la curatela di Achille Bonito Oliva e Red Ronnie, con la collaborazione di Vincenzo Sanfo, è prodotta da Navigare srl con la partecipazione di AICS Comitato provinciale di Roma, Difesa Servizi e Art Book Web, con il patrocinio di Città di Roma.
Il percorso della mostra, ospitata nel prestigioso Museo Storico della Fanteria (piazza Santa Croce in Gerusalemme 9), patrimonio dell’Esercito italiano gestito da Difesa Servizi, conduce il pubblico nelle diverse stanze della personalità warholiana e della sua arte, fatta di molteplici intrecci e passioni, non tutte note al grande pubblico. Non solo artista Pop, ma anche grafico pubblicitario, talent scout, produttore, editore, fotografo e regista, Warhol toccò ogni ambito dell’industria artistica e culturale durante una parabola ascendente di oltre 30 anni, dal suo arrivo a New York nel 1949 da Pittsburgh, al 1987, anno della prematura morte per una complicazione post-operatoria.
Della sua produzione artistica più nota, la mostra ospita oltre 70 serigrafie di cui 24 After Andy Warhol: le seriali Campbell’s Soup, Marilyn Monroe (con un collage da 12, del 1985, Sonnabend Collection), Electric Chairs, Mao, Flowers (in particolare la serie di vasi da fiori), Fish, Gems e Halston cui si aggiungono anche la serie dedicata alle amate favole di Hans Christian Andersen, e quelle del libro Cats raffiguranti, appunto, i gatti, altra grande passione dell’artista. L’esposizione accoglie, poi, 24 ceramiche Rosenthal bianche, dipinte in color oro, e firmate da Warhol. Si segnala anche A Gold Book (1957), libro d’artista dalle pagine dorate, contenente 20 litografie offset con illustrazioni per il Natale, anche questo molto amato da Andy.
Altra costante presenza nell’universo warholiano è la musica. Dal 1949 al 1987 stretto è il rapporto tra Warhol e l’industria discografica, e con gli stessi artisti della scena Pop, Rock e Jazz. L’artista fu tra i primi a realizzare le copertine artistiche dei nascenti LP che sostituivano i 78 giri venduti in custodie di carta anonime. La mostra di Roma, in questa parte musicale curata da Red Ronnie, dà la possibilità di ammirare da vicino tutti i 60 vinili originali con copertine di Andy Warhol entrate nel mito contemporaneo, come quella di Sticky Fingers dei Rolling Stones e quella dell’album debutto dei Velvet Underground & Nico, con la banana sbucciabile. Di questo disco, Warhol fu anche produttore, e ospitò nel suo laboratorio Silver Factory le prove della band di Lou Reed. Della stravagante e luccicante Silver Factory di Manhattan l’esposizione romana propone una riproduzione in scala reale.
Connubio tra la passione per la fotografia, il talento nel business e il glamour, l’attività editoriale di Warhol occupa un ampio spazio della mostra. Nel 1969 fondò la rivista Interview, di cui realizzava le copertine dedicate a personaggi famosi e le interviste. In poco tempo, la rivista divenne la più ambita dalle celebrità dello Star System internazionale. La mostra propone una galleria di circa 20 copertine in cui si segnalano, tra gli altri, i volti di Jack Nicholson, Salvador Dalì, Annie Lennox, Jacqueline Bisset, Angelica Houston.
La “Grande Mela” sfavillante aveva anche uno spiccato volto underground che affascinava l’Andy Warhol frequentatore e parte integrante della scena mondana. Nell’Universo warholiano tutto si mescola e trova intersezioni. La serie Ladies and Gentlemen (1975), con 10 ritratti serigrafici e 20 acetati fotografici esposti in mostra, porta alla luce le drag queen e i travestiti notturni del Gilded Grape, anziché le consuete celebrità.
Al rapporto di Warhol con il cinema si riferiscono, invece, il video del film sperimentale muto e in b/n Empire, diretto nel 1965, il manifesto e 11 fotografie promozionali in tiratura originale del docu-film Trash – I rifiuti di New York (1970), con la regia di Paul Morrissey e prodotto da Warhol.
Presentazione
È indubbio che Andy Warhol, sia stato uno degli innovatori di un modo di intendere l’arte, che non ha precedenti.
Con Warhol, infatti, viene completamente stravolto il concetto, in fondo romantico, della unicità dell’opera d’arte, concetto che anche nel passato era stato in qualche misura superato, con le innumerevoli copie di opere celebri rifatte dagli stessi artisti e l’elenco sarebbe lunghissimo, ma si trattava comunque, pur sempre, di opere autografe e quindi di fatto anch’esse uniche.
Ma Warhol si spinge ancora più in là, forza deliberatamente il concetto di opera autografa, unica, lo stravolge e ci obbliga ad inseguire nell’opera d’arte, non piu l’unicità e l’irripetibilità, ma a desiderare “la donna altrui” cioè la stessa opera già presente in altre collezioni, già vista ed esposta in più o meno celebri musei.
Warhol, quindi, elegge a unicità non più l’opera stessa, ma il suo possesso, fatto di un qualcosa che deve essere immediatamente riconoscibile, iconicamente riconoscibile. Quindi già visto, conosciuto, meglio se perfettamente uguale ad un altro.
Nell’era codificata da Walter Benjamin della riproducibilità dell’opera d’arte, Warhol rappresenta lo spartiacque, il divulgatore, direi il messia, di un nuovo modo di intendere il collezionismo e il rapporto con l’arte stessa.
E dal suo insegnamento, diparte una maniera che ha generato figli, figliastri e parenti, più o meno prossimi. Infatti, come non classificare nello stesso albero genealogico warholiano artisti come Jeff Koons, Yaoi Kusama, Tadashi Murakami, tanto per citarne alcuni, che con la riproducibilità e ripetitività delle loro opere hanno fatto la loro fortuna, critica e commerciale.
Ma non è certo solo questo il mondo di Warhol: non è solo ripetitività di soggetti cari al mondo del consumismo o del glamour, in tutta la sua opera vi è un sottinteso, la percezione di una sorta di inquietudine, fatta di un desiderio di accettazione e di approvazione che ha pervaso la sua esistenza in quanto figlio di profughi e quindi, inconsciamente, non del tutto americano.
Da questo retroterra nasce, a mio avviso, la sua volontà di appropriazione dei miti di quella America di cui desiderava far parte a pieno titolo.
Ed ecco quindi le Campbell’s, le Marilyn e tutti quei simboli di una America popolare e fortemente riconoscibile che hanno arricchito la iconografia warholiana, e inevitabilmente, gli immancabili ritratti dei grandi protagonisti della finanza, della politica e dello star system.
Tutto questo suo appropriarsi della quotidianità e del glamour a Stelle e Strisce, ha contribuito a rendere Warhol più americano degli americani, facendolo diventare il cantore di quella speciale forma di “edonismo” che è parte integrante della cultura degli Stati Uniti, dove l’apparire è spesso più importante dell’essere.
Infatti, le grandi figure e i grandi personaggi ritratti da Warhol non vanno alla ricerca di un ritratto che ne tramandi gli aspetti psicologici o caratteriali, cosa ad esempio presente nei, a volte impietosi, ritratti di Lucian Freud o Francis Bacon, ma gli basta essere rappresentati esattamente come il prodotto di una società, esattamente come lo è una bottiglia di Coca Cola o una lattina di Campbell’s Soup.
Warhol, conscio di questo, si presta, a volte perfidamente, nel soddisfare questo loro desiderio di entrare in quell’immaginario Pantheon warholiano, il quale garantirà loro di essere ricordati, non tanto come opere d’arte, ma come icone di un mondo fatto di ricchezza e di opulenza.
A lui non chiedono il ritratto capolavoro, chiedono il ritratto alla Warhol, il più uguale possibile allo stereotipo warholiano universalmente riconosciuto.
Sono anche felici di non avere l’unicità del ritratto, ma aspirando a saperlo aperto ad una probabile riproducibilità, che porterà ad una sua planetaria diffusione, lieti di vedere la loro immagine divenire parte di una sorta di massificazione iconografico-popolare.
In questo modo, Warhol si è guadagnato una sorta di pedigree, che gli ha garantito l’abbandono dello status di figlio di profughi divenendo un tutt’uno con quella America, tanto agognata, sino a diventarne uno dei simboli imprescindibili, ed essere riconosciuto americano tra gli americani.
Il suo percorso creativo non è stato facile, né semplice, iniziato con varie esperienze di lavoro negli anni giovanili ha poi trovato nel mondo della musica il suo trampolino di lancio ma, soprattutto, di riflessione sul fenomeno della riproducibilità.
Le sue prime, timide, apparizioni nel mondo dell’arte avvengono infatti, come noto, nel mondo della musica per cui disegna mirabili copertine per celebri vinili cercando di imporre, da subito, un suo stile che, se dapprima incerto e ancora ispirato ai modelli di Ben Shan e altri celebri disegnatori, presto vedrà liberare la sua creatività con la prima immagine alla Warhol conosciuta, la Vinyl cover con il ritratto di Paul Anka che segnerà l’avvento di uno stile, destinato a durare nel tempo.
Da quella mitica immagine, parte la grande avventura di un modo di concepire l’arte fatta di immagini popolari, colorate, desunte dall’aggressivo mondo della pubblicità di cui Warhol ha capito, prima e più di altri, il grande potere comunicativo.
Il susseguirsi di opere prodotte con un gusto di serialità invaderanno le gallerie di tutto il mondo e creeranno quella moltiplicazione delle immagini che darà a Warhol una notorietà a livello mondiale.
Le sue Marilyn Monroe, le sue Campbell’s Soup i suoi Mao diverranno l’icona da possedere, comunque e dovunque.
Warhol conscio di questa sua popolarità, cerca di uscire dallo stretto percorso che gli sta delineando il suo successo e sperimenta altre strade, che vanno dal cinema alla fotografia.
Ma dove Warhol dimostra la sua genialità è nella realizzazione di un giornale che farà scuola, quel capolavoro grafico e contenutistico che risponde al nome di Interview.
Con questa sua avventura editoriale, Warhol scoprirà talenti, insegnerà un modo di impaginare gli articoli, ma soprattutto, racconterà un’epoca e un mondo irripetibili.
Essere all’interno di Interview, o meglio ancora sulle sue copertine, rappresenterà un punto d’arrivo per chiunque ami essere conosciuto e invidiato.
Interview sarà il contraltare o, meglio, la cartina di tornasole, di quel mondo descritto da Tom Wolfe nel suo romanzo “Il falò delle vanità “di cui diviene una sorta di corollario visivo.
Nelle sue pagine, scorre infatti il bel mondo newyorchese, fatto di feste, belle donne, star in pose glamour e giovanotti, sempre in bilico tra ambiguità sessuali spesso esibite, senza pudori.
Interview rappresenta anche una palestra per talenti, uno tra tutti il fotografo Francesco Scavullo a cui si devono innumerevoli, stupendi ritratti, immortalati all’interno della rivista e che arricchiscono il senso visivo di un giornale che trasuda della creatività warholiana.
Warhol diventa, quindi, non solo un creatore di immagini, ormai stereotipate, ma il raffinato cultore di uno stile di vita che ha affascinato il mondo del XX secolo.
Tutto questo fa sì che l’opera più riuscita di Warhol, sia egli stesso, la sua immagine, il suo stile di vita, il suo essere universalmente noto, non solo come artista, ma sopratutto come icona, come esempio di un modo di essere e di concepire la vita. Warhol diviene in maniera totale, assoluta, una sorta di emblema che, all’opposto di Picasso rinchiuso nei suoi castelli a produrre incessantemente, fa della sua Factory, della mondanità e della frequentazione, una sorta di religione laica, in grado di generare arte, in maniera totalizzante. Warhol ha percorso nella sua breve vita ogni sentiero possibile, non disdegnando anche di aiutare altri artisti ad emergere, e lasciando dietro di sé tracce indelebili di un passaggio che lo colloca al gradino più alto della storia dell’arte.
Vincenzo Sanfo - Curatore della mostra
Scheda Tecnica
Titolo |
Andy Warhol - Universo Warhol |
Genere |
Mostra d’arte monografica |
Curatore |
Achille Bonito Oliva, con la collaborazione di Vincenzo Sanfo, e Red Ronnie |
Produzione |
Produzione Navigare Srl |
Dove |
Museo Storico della Fanteria – Piazza Santa Croce in Gerusalemme, 9 – Roma |
Quando |
Dal 21 ottobre 2023 al 17 marzo 2024 |
Opere esposte |
-Totale opere esposte: oltre 250. Provenienza: collezioni private -Tipo di opere e documenti: serigrafie, litografie, fotografie, copertine vinili, copertine rivista Interview, ceramiche, oggetti autografati, manifesti pubblicitari, cinematografici e di moda, filmati, documenti d’epoca. - A latere dell’esposizione, gli omaggi a Warhol degli artisti: Marco Lodola e Xu de Qi |
Patrocini |
Città di Roma |
Media Partner |
Radio KissKiss; Roma Today |
Sponsor tecnici |
Rinascente |
Vettore ufficiale |
Trenitalia |
Orari |
Dal lunedì al venerdì dalle ore 9:30 alle ore 19:30 Sabato, domenica e festivi dalle ore 9:30 alle ore 20:30 Ultimo ingresso 30 minuti prima dell’orario di chiusura |
Costi biglietto |
Intero: 13 € giorni feriali e 15 € weekend e giorni festivi Ridotto: 10 € - solo in biglietteria. TUTTI I GIORNI – Disabili e accompagnatori, over 65, docenti, under 14 (con badge nominale), giornalisti con tesserino ODG con bollino dell’anno in corso non accreditati, universitari. Gruppi oltre 10 persone: 8,00€ Ridotto scuole: 5 € Biglietto Open: 16 € - Salta la fila (senza data e fascia oraria d’ingresso predefinite) Gratuito: bambini fino ai 5 anni |
Biglietteria |
Museo Storico della Fanteria – Piazza Santa Croce in Gerusalemme, 9 – Roma Telefono biglietteria mostra: +(39) 351 3558588 Vendita on-line: www.ticketone.it |
Informazioni Prenotazioni |
Prenotazioni visite guidate – Telefono: +(39) 351 840 3634 e +(39) 333 609 5192 Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo. sito web: www.navigaresrl.com |
- Data inizio: Sabato, 21 Ottobre 2023
- Data fine: Domenica, 17 Marzo 2024
- Evento a pagamento: Sì
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